CHIESA E FAMIGLIA di Raffaele Soddu

06.01.2014 19:46

RIFLESSIONI SUL QUESTIONARIO DEL DOCUMENTO PREPARATORIO AL SINODO DELLE FAMIGLIE

CHIESA E FAMIGLIA

Circa il metodo di affrontare le problematiche esistenti

 

Siamo tutti consapevoli che la famiglia è la cellula della società. E’ all’interno di essa che crescono e si formano i futuri adulti. E’ lì che si trasmettono i valori, la cultura e la civiltà di un popolo. Quando la famiglia è guasta, quando la malattia si diffonde a macchia d’olio, è l’intero patrimonio morale dell’umanità che rischia di venir meno.

Ma la famiglia svolge anche una funzione spirituale: vi si formano i cuori all’amore e al timore del Signore, alla carità verso il prossimo; vi si apprendono i primi rudimenti della fede e le verità morali fondamentali. In una parola, la famiglia costituisce uno strumento voluto da Dio per incamminare e accompagnare i Suoi figli  in questo mondo verso la meta dell’Eternità. E ciò che stabilisce la Somma Sapienza è  buono, giusto, conforme alla retta ragione, e, dunque, naturale.

Crisi della famiglia significa, dunque, crisi della società, pericolo per la fede e, ciò che più è grave – visto che “La fede è necessaria alla salvezza. Il Signore stesso lo afferma: « Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato » (Mc 16,16; Catechismo 183) - pericolo per la salvezza delle anime.

Questa dovrebbe essere la prima preoccupazione della Chiesa: condurre le anime attraverso Cristo alla Salvezza (Pio XII, Summi Maeroris). E’ questo infatti ciò che il suo Capo vuole, che tutti gli uomini siano salvi (1 Tm 2, 4); per questo motivo è venuto sulla terra, è morto sulla Croce, ha istituito la Chiesa dandole la missione di predicare il Vangelo in tutto il mondo.

I morbi che affiggono la famiglia e sono causa della sua rovina sono risaputi:

1)      Innanzi tutto, una mentalità edonistica e che rifiuta la responsabilità: chi si sposa spesso già all’inizio mette in conto che si tratterà di un’unione non definitiva; durante il matrimonio i singoli coniugi mettono al primo posto il loro Io (anziché Dio) e non sono dunque disposti ad affrontare sacrifici, a tollerare contrarietà, a cedere in alcun punto: mirano solo alla propria autorealizzazione a discapito dell’unione familiare e dell’interesse dei figli.

2)      Una visione non cristiana della sessualità che conduce all’assenza del dominio di sé e dunque al tradimento (e a varie patologie fisiche e mentali).

3)      L’affermarsi di forme di unione che escludono per sé stesse la permanenza nel tempo del vincolo. La pretesa che lo Stato garantisca a queste unioni gli stessi diritti accordati alla famiglia basata sul matrimonio.

4)      Il divorzio, le unioni gay, l’aborto.

In questa diffusa e dilagante situazione, come deve atteggiarsi la Chiesa?

Si possono schematicamente ricondurre i metodi astrattamente perseguibili a queste due opzioni:

a)       Annuncio della verità sul matrimonio, sull’indissolubilità, sulla sessualità – quale Dio ha mostrato nella Scrittura, la Tradizione e il Magistero della Chiesa hanno sempre insegnato, i Santi e i Dottori della Chiesa  hanno confermato nella loro vita e con le loro opere -  senza tacere nulla di quello che abbiamo visto e ascoltato (At 4,20), senza voler rendere larga una porta stretta  (“Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti son quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano" (Mt 7:13-14), custodendo il buon deposito (II Tim 1,14), chiarendo che  “il compimento di atti buoni, comandati da Colui che «solo è buono», costituisce la condizione indispensabile e la via per la beatitudine eterna: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» (Mt 19,17; Veritatis Splendor, 72), senza “sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo” (Humanae Vitae, 29), non illudendo le persone che possano conseguire la salvezza eterna senza rispettare i comandi di Dio («Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio» 1 Cor 6,9-10).

Oppure,

b)      Assumere un atteggiamento di “apertura” nei confronti di divorziati risposati, divorziandi, conviventi di fatto, coppie omossessuali, rapporti prematrimoniali, contraccezione; cercando di attirarli alla fede con il parlare della sola Misericordia divina, di Gesù che ha perdonato la Maddalena e il Buon Ladrone, di Dio che ci vuole tutti salvi; ed evitando accuratamente di citare Dio Giudice e di rappresentare il pericolo della dannazione eterna. Badando a non ledere la loro suscettibilità, rispettando la libertà della loro coscienza, senza pretendere di “fare proselitismo”. In questo modo, pur quando non si negano espressamente la via esigente del Vangelo e gli insegnamenti del Magistero, semplicemente si tace sugli argomenti “scomodi”, o si fa intendere che c’è tempo per cambiare, che Dio è paziente: dunque, chi versa in quelle situazioni ben si sente autorizzato a perseverare in esse, attendendo tempi migliori, quando magari la Chiesa stessa si mostrerà più comprensibile o muterà dalle sue rigide e anacronistiche idee. Emblematico di questa posizione è quanto descritto dal cardinale Kasper allorché parla di quell’orientamento che critica “un modo di pensare attento unicamente ai principi, lontano dalla realtà e in fondo impietoso e privo di amore, allora si può arrivare a uno scisma verticale tra i principi, che ‘in alto’ vengono saldamente mantenuti e inculcati, e la prassi ‘in basso’, che spesso percorre in maniera selvaggia e disordinata le sue proprie. Chi considera realisticamente l’attuale situazione della chiesa non può ignorare il  pericolo di un simile sviluppo: esso è purtroppo diventato nel frattempo una realtà in molti campi della morale e della pastorale, non contribuisce a far aumentare la credibilità della chiesa ed è estremamente pericoloso per la sua unità” (Chiesa Cattolica, Essenza, Realtà, Missione, Ed. Queriniana, 2012, pag. 35).

         Quale di questi due atteggiamenti è il più diffuso e quali ne sono le conseguenze e i pericoli?

         Mi pare che assistiamo oggi a uno scollamento tra il Magistero espresso in documenti ufficiali e la prassi pastorale dove è certamente l’ultimo orientamento ad essere il più diffuso.

         Questo atteggiamento di “apertura” mi pare contrario all’insegnamento del Divin Maestro, alla missione della Chiesa, e gravemente pregiudizievole per la salvezza delle anime e il bene della società e dell’umanità intera.

         Santa Caterina da Siena, dottore della Chiesa e patrona d’Europa, nel Dialogo della Divina Provvidenza[1], ha  scritto pagine di fuoco riguardo ai ministri del Signore che lasciano imputridire le membra del corpo mistico per mancanza di correzione, evitando di rimproverare, di insegnare il timor di Dio e di parlare della Sua giustizia usando solo l’unguento della lusinga: “sono ciechi e guide di ciechi. E se un cieco guida un altro cieco ambedue cadranno nella fossa” (Mt 15,14). E Santa Ildegarda, pur essa patrona d’Europa, nel Libro delle Opere divine[2], dice che è opera dell’anticristo distruggere ciò che Dio aveva fondato nell’antica e nella nuova legge e affermare che l’impurità e simili delitti non sono peccato, ingannando gli uomini, insegnando loro a vivere secondo il gusto infuocato della carne e ad acconsentire a ogni volere carnale.

         E’ giusto e doveroso  l’atteggiamento di carità; è giusto e doveroso rivolgersi ai peccatori, anche a quelli più lontani dai principi morali insegnati dal Magistero. La magnanimità è essenziale in quest’opera. Magnanimità intesa, però, non come buonismo a buon mercato, ma come l’Apostolo delle genti ha raccomandato: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero” (II Tim 4, 1-5).

In tale prospettiva, è indispensabile respingere ogni tentativo di mutare la disposizione che esclude i divorziati risposati dalla comunione eucaristica al di fuori delle ipotesi, indicate nel documento della Congregazione della Dottrina della fede del 1992, in cui i due si lascino, oppure, se ciò non è possibile per gravi motivi (come l’esistenza di figli) vivano non more uxorio ma come fratello e sorella.

Ammettere alla comunione al di fuori di queste ipotesi i divorziati risposati che continuino e abbiano intenzione di continuare a vivere in questa condizione di peccato, significherebbe ammettere che anche quella del secondo matrimonio dopo il divorzio è una via di salvezza; significherebbe affermare che il matrimonio non è più indissolubile. Oppure, implicherebbe che non è più necessaria la confessione per accostarsi all’Eucaristia, che ognuno nel foro interno è arbitro di decidere ciò che è bene e male, che non esiste una legge morale oggettiva. Ciò vale anche per le coppie omossessuali.

Ma sarebbe un errore – pur escludendo la comunione - anche ammetterli fraternamente alle altre attività della chiesa, ai gruppi di preghiera, senza prospettare loro il cammino di morte che perseguono e senza invitarli a uscire da esso. Questa sarebbe la più grave mancanza di carità nei loro confronti. Sarebbe infatti un illuderli che esistano possibilità di salvezza eterna anche perseguendo vie direttamente condannate da Dio e nonostante la persistente e deliberata violazione dei Suoi comandamenti.

Ma allora che senso avrebbero i sacramenti: il battesimo, la confessione, l’Eucaristia, se è possibile conseguire la vita eterna anche senza di essi. Che significato avrebbero le parole del Divin Salvatore Gesù disse: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,15-16). E a proposito della confessione: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20, 23). E della comunione: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno” (Gv 6, 53-54). E ancora riguardo la necessità di conversione: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13, 1-9).

Stigmatizzare certe diffuse condotte di vita contrarie al Vangelo e alla Legge di Dio, ammonire i peccatori invitandoli a convertirsi è la più grande forma di carità. Può essere “scomodo”, può portare alcuni ad irritarsi e a prendersela con l’ammonitore di turno; può portare qualcuno a non mettere più piede in Chiesa: ma rimane la più grande forma di carità. Né i preti, né la Caritas, le Parrocchie, i Vescovi e neppure il Papa sono padroni della Parola di Dio, ma servi. Non possono attenuarla per venire incontro ai desideri del mondo. “Molti sono chiamati, ma pochi gli eletti” (Mt 22,14). Non può dunque essere evitata la scelta finale del singolo di rifiutare la grazia di Dio, ma la via di Dio deve essere presentata per quello che è, senza manipolarla.

Far vagheggiare che esista la possibilità della vita eterna anche senza cambiamento di vita, tacere del giudizio finale al quale ogni anima verrà sottoposta, non solo è una mancanza di carità nei confronti dei fratelli incorsi in quei peccati, ma è un’offesa alla Parola di Dio, una disobbedienza all’insegnamento del Divin Maestro, è un voler da ciechi condurre altri ciechi. E’ infine una grave omissione della quale il Sommo Giudice chiederà conto ai suoi servi infedeli: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro» (Is 5,20). “Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te” (Ez 3,18).

Mi sembra invece indispensabile modificare le modalità di ammissione al sacramento del Matrimonio. Oggi, molti sacerdoti sposano pur nella convinzione che quel matrimonio è nullo. Anche in questo modo si offende il sacramento. Bisognerebbe avere il coraggio di dire: “ragazzi miei, in coscienza non posso sposarvi perché l’idea di matrimonio che voi avete non è quella di Cristo e della Chiesa”. Sarebbe opportuno che i vescovi dessero istruzioni specifiche sul punto e i parroci si sentissero sicuri nella posizione che dovranno affrontare.

Raffaele Soddu (Avellino)


[1]           Santa Caterina da Siena, Dialogo della Divina Provvidenza, Edizioni Studio Dominicano, 1989: dice, a proposito dei ministri buoni, “desiderando vederli vivere virtuosamente, e correggendoli senza alcun timore servile in quanto non avevano di mira se stessi ma soltanto il mio onore e la salvezza delle anime: così erano buoni pastori, seguaci del buon Pastore che è la mia Verità, da me donatovi affinché vi governasse quali sue pecorelle, e che volli desse la sua vita per voi. Costoro hanno seguito le sue orme; perciò si preoccuparono di correggere e di non lasciare imputridire le membra del corpo mistico per mancanza di correzione; ma correggevano caritatevolmente usando l’unguento della benignità e l’asprezza del fuoco per incidere la piaga della colpa con rimproveri e con penitenze …. Questi erano i veri lavoratori dell’orto del Signore, che con sollecitudine e santo timor di Dio strappavano le spine dei peccati mortali e piantavano i profumati alberi delle virtù” (pag. 294);si attenevano alla santa giustizia rimproverando virilmente, senza timore alcuno. Questa era ed è la perla in cui splende la giustizia che dà pace e lume alle menti delle creature, permette loro di vivere nel santo timore e consente l’unione dei cuori. Perciò, Io voglio che tu sappia che se nel mondo, tra secolari e religiosi, tra chierici e pastori della santa Chiesa, è sopravvenuta tanta tenebra, ciò ha una sola causa; è venuto a mancare il lume della giustizia e si è diffusa la tenebra dell’ingiustizia (pag. 295); “colui che non è stato corretto e non corregge, è come il membro infracidito che, se il medico incapace lo molce con l’unguento e non ne cauterizza la piaga, fa avvelenare e imputridire tutto il corpo. Così, se il prelato, o altri capi che hanno dei sottoposti, vedendo un loro suddito infettato dal marciume del peccato mortale, lo curano con l’unguento della lusinga, senza rimproverarlo, non lo guariranno mai, ma finiranno anzi col guastare gli altri che sono vicini come membra di uno stesso corpo; sono simili infatti alle membra di un corpo coloro che hanno un medesimo pastore. Ma se saranno veri e buoni medici di quelle anime così come questi si cui ti parlo erano gloriosi pastori, non useranno unguenti senza ricorrere al fuoco del rimprovero. E se un membro si ostinasse nel suo cattivo comportamento, il pastore lo taglierà dalla comunità, affinché questa non sia tutta infettata dalla colpa del peccato mortale. Oggi purtroppo non si comportano così: fanno, anzi, finta di non vedere. E sai perché? Perché in loro è viva la radice dell’amor proprio, dal quale viene loro il perverso amore servile. Essi  infatti non hanno il coraggio di rimproverare per timore di perdere il loro stato e i beni temporali o le prelature …. Impediti dal timor servile, fingono di  non vedere. E se anche vedessero non intervengono a correggere, anzi, si lasciano compromettere con discorsi lusinghieri e con molti regali, trovando in se stessi un alibi per non punirli. In costoro si compie la parola che la mia Verità  pronunciò nel santo Vangelo, là dove è scritto ‘ Costoro sono ciechi e guide di ciechi; e se un cieco guida l’altro cieco, cadono entrambi nella fossa’ (Mt. 15,14; Lc. 6,39)” (pag. 296). “Non così hanno fatto quelli che sono stati i miei dolci ministri … che seguono la dottrina della mia Verità. Né essi sono tiepidi, perché ardono nel fuoco della mia carità; e dispregiano le grandezze e gli stati e le delizie del mondo, perciò non temono di correggere gli altri …. Ma virilmente rimproverano, perché la coscienza non oppressa dalla colpa non conosce timore. …. E davvero essi sono angeli, perché come l’angelo che io colloco a vostra guardia vi è ministro nelle buone e sante ispirazioni, così questi ministri erano angeli – come dovrebbero ancora essere – donati  a voi dalla mia bontà affinché vi siano di buona guardia” (pag. 297); “Questo è il segno da cui si vede che la creatura spera in me e non in se stessa: che non conosce timore servile. Quelli che sperano in se stessi, invece, temono e hanno paura della loro ombra, e dubitano che gli venga a mancare e cielo e terra”(pag. 298). “Per questo commettono ingiustizia verso i sudditi e verso chi è loro vicino, e non correggono i vizi altrui; anzi, come ciechi che non sanno, per il  disordinato timore di non piacere alle creature le lasciano come addormentate e immerse nelle loro infermità spirituali. E non s’avvedono che, volendo piacere alle creature dispiacciono a loro e a me, vostro Creatore” (pag. 308).

[2]           Sant’Ildegarda di Bingen: l Libro delle Opere Divine, Mondadori, 2004: “Allora diventano ciechi, sordi e muti, non recitano più le preghiere quotidiane né giudicano secondo il mio giudizio; tollerano l’avarizia e non guariscono le ferite, loro che di ferite sono pieni; sono sordi nei confronti delle parole della scrittura, non l’ascoltano né l’insegnano ad altri” (pag. 1045); “..il giudizio di Dio minaccia coloro che fanno esclusivamente la propria volontà come se fossero senza Dio” (pag. 1047); “Dopo che la giustizia avrà rivolto al giudice supremo il suo lamento egli, accogliendo le sue parole d’accusa che abbiamo riferito, farà vendetta giudicando col suo giusto giudizio i nemici della rettitudine e lascerà che siano depredati dai tiranni loro nemici, che così parleranno di loro: ‘ fino a quando sopporteremo con pazienza questi lupi rapaci, che dovrebbero essere medici e non lo sono e che avendo il potere di insegnare, di legare e di sciogliere, ci catturano come se fossimo animali selvatici? Le loro scelleratezze ricadono su di noi e fanno inaridire la chiesa, perché non predicano più quello che è giusto, fanno scempio della legge come i lupi divorano gli agnelli, gozzovigliano avidamente e commettono adulterio in ogni occasione …. Perciò con giusto giudizio giudichiamoli e isoliamoli, perché sono seduttori più che dottori; dobbiamo far così per non perire; poiché se andranno avanti in questo modo, turberanno tutta la terra e ne diventeranno i padroni. Ammoniamoli allora perché svolgano i loro compiti comportandosi in modo conforme alla giusta religione, come l’hanno istituita un tempo i padri, oppure se ne vadano vi da qui e abbandonino i loro possedimenti” (pag. 1059); “La suggestione occulta del diavolo si manifesta ormai nelle opere degli eretici, in cui il persuasore maligno  lancia le sue frecce cercando di distruggere le verità della fede; perciò solo chi ha fede si impegna con retta intenzione e giusto sforzo a mantenere la fede apostolica e veramente universale salda e stabile, proteggendola dagli assalti finché rimane come nel mezzo fra l’inizio e la fine; perché poi , quando sarà vicino il tempo del figlio della perdizione, la fede declinando dalla sua forza si piegherà per la debolezza. E allora chi avrà mantenuto l’eccellenza della chiesa e la retta fede in Dio avrà un grande ricompensa,  perché per merito loro entrerà nel regno dei cieli” (pag. 1097). “in realtà, l’Anticristo, posseduto dal diavolo, quando aprirà la bocca per predicare la sua perversa dottrina distruggerà tutto ciò che Dio aveva fondato nell’antica e nella nuova legge e affermerà che l’impurità e simili delitti non sono peccato…. E andrà ripetendo ai fedeli: ‘la vostra legge della continenza è contro natura … quell’uomo che chiamate vostro maestro vi ha dato una legge che è troppo al di sopra di voi, ordinandovi di vivere così” (pag. 1099); “Con queste e simili parole il disgraziato figlio della perdizione ingannerà gli uomini, insegnando loro a vivere secondo il gusto infuocato della carne e ad acconsentire a ogni volere carnale; mentre sia l ‘antica che  la nuova legge invitano gli uomini alla castità, praticata con giusta misura” pag. 1101)

 

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