Cos’è il bene Comune
17.11.2012 23:06La costituzione del Comitato Provinciale per il Bene Comune, il cui orizzonte territoriale abbraccia l’intero territorio provinciale, con il fondamentale obiettivo di non essere il solito comitato di addetti ai lavori che sorge puntualmente alla vigilia degli appuntamenti elettorali.
Afronte dell’attuale gran parlare, a tutti i livelli del dibatto politico- culturale, del Bene Comune, è doveroso ed opportuno tentare un’esplicitazione sul vero significato del termine.
L’opportunità di una riflessione approfondita è anche collegata al generoso e impegnativo sforzo che un nutrito gruppo di laici cattolici, non solo della città di Avellino, impegnati sulla frontiera del civile e del sociale, sta conducendo per la costituzione del Comitato Provinciale per il Bene Comune, il cui orizzonte territoriale abbraccia l’intero territorio provinciale, con il fondamentale obiettivo di non essere il solito comitato di addetti ai lavori che sorge puntualmente alla vigilia degli appuntamenti elettorali. La finalità di fondo è quella di far sentire la voce e la proposta politico-culturale del cattolicesimo sociale e democratico, per uscire dall’irrilevanza che ha fatto comodo a tutta la partitocrazia italiana per mietere voti nell’alveo del vastissimo «mondo cattolico». Non può sottacersi la comoda posizione di chi ostentava la rappresentanza di questo mondo per ricevere, in cambio, favori e spazi utilitaristici che nulla hanno a che fare con l’autentica testimonianza cristiana nel tessuto civile e sociale delle nostre comunità. Avere il coraggio di promuovere una riflessione su una credibile declinazione del Bene Comune, un impegno che è sempre stato difficile, ma oggi è estremamente urgente, perché si trova a fare i conti con il diffondersi dell’egoismo, dell’individualismo, della concentrazione delle umane aspettative sui beni materiali, dove si fa uno scarso uso della parola «noi». Dunque, ribadire l’idea del Bene Comune inteso come «il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti», pare risuonare sempre più come una «pia esortazione». Nei discorsi dell’uomo della strada è ricorrente l’equivoco di intendere il Bene Comune «solo» come una modalità in vista dell’interesse proprio, con ciò legittimando una concorrenza generalizzata ed ineluttabile, in cui la comprensione dell’uomo è quella dell’«homo homini lupus», dando per scontato che il vivere da uomini su questa terra è tale e non potrà mai essere diversamente. Ma c’è anche chi vede essenziale per il Bene Comune del nostro Paese un nuovo patto tra le generazioni, all’insegna di un corretto principio di autorità e di comunità, di tradizioni e di futuro. Il «Bene Comune» non può che essere il bene della società, senza del quale non ci potrebbe essere il bene delle singole persone, ma esso, a sua volta, non può esistere senza essere comprensibile e condivisibile dalle singole persone, nella coscienza delle quali la società vive. Voler rendere operativo ed efficace il Bene Comune, domanda allo stesso tempo, una forte proposta educativa in grado di introdurre alla vita e alla realtà intera, capace di giudizio, di proposte alte, di impegno concreto e continuo, mettendo in conto anche qualche propria personale rinuncia.
Si tratta di un bene che appartiene a tutti in quanto comune, e soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro, si gioca qui l’incontro tra le generazioni. Esso domanda di correlare giustizia, libertà, verità, carità, di fronte alla concretezza della vita e dei suoi problemi. Benedetto XVI, nella Caritas in Veritate, n. 7 esplicita che accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone: il Bene Comune. È il bene di quel «noi tutti» formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociali. Volere il Bene Comune e adoperare per esso è esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il Bene Comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di polis, di città. Si ama tanto più efficacemente il prossimo quanto più ci si adopera per un Bene Comune rispondente anche ai suoi reali bisogni. Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità concrete di incidenza nella polis. È questa la via istituzionale – possiamo dire anche politica- della carità, non meno qualificata e incisiva di quanto lo sia la carità che incontra il prossimo direttamente fuori dalle mediazioni istituzionali della polis. Quando la carità lo anima, l’impegno per il Bene Comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare o politico.
Come ogni impegno per la giustizia, esso s’inscrive in quella testimonianza della carità divina che, operando nel tempo, prepara l’eterno. Come ogni impegno valoriale promuovere e costruire il Bene Comune inevitabilmente suscita incomprensione, comporta un pesante lavoro di dissodamento culturale e politico tanto più pesante quanto il contesto concreto di riferimento è costellato di interessi forti, da profitti illeciti, di deliri di onnipotenza e sicumera d’impunità.
Quando tento di rendere agevole la comprensione del concetto di Bene Comune ai lavoratori cristiani dei Circoli ACLI sparsi sul territorio provinciale, agli anziani, ai giovani e alle donne che hanno la pazienza di ascoltarmi, ricorro alla significativa immagine del seminatore: prima di affidare il seme alla terra, sa bene che bisogna prima dissodarla, liberarla dalle erbacce infestanti, sminuzzare le zolle grandi per rendere più intimo il contatto con il seme e, infine, con gli occhi rivolti al Cielo, con grande speranza, sparge il seme con fiducia che il raccolto sarà abbondante almeno pari alla grande speranza che ha reso sicuro e determinato il suo quotidiano lavoro.
GERARDO SALVATORE cfr. https://www.ilpontenews.it/img/archivio/nov_17_2012.pdf
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